APPROFONDIMENTI e NARRAZIONE

L'eterno ritorno dell'amore

-L’eterno ritorno dell’amore-

 

“Tra l’Io e il Tu non vi è alcuna conoscenza concettuale, alcuna pre-comprensione, alcuna fantasia…tra l’Io e il tu non vi è alcun fine, alcun desiderio, alcuna anticipazione, e persino l’anelito si trasforma, poiché precipita dal sogno all’apparizione. Ogni mezzo è impedimento. L’incontro avviene dove è caduto ogni mezzo…l’unificazione e la fusione con l’intero essere non può mai avvenire attraverso di me, né mai senza di me. Divento Io nel Tu, diventando Io dico Tu. Ogni vita reale è un incontro.”

                                                                                                          

                                                           (Martin Mordechai Buber, Vienna, 8 febbraio 1878 – Gerusalemme, 13 giugno 1965)

 

Questo è uno scritto di teoria raccontata con le storie, o immagini di storie, la maggiore fonte di ispirazione di questo lavoro; le storie che ascolto nel mio studio, e quelle che incontro nella mia vita, grata a chi me le racconta e che mi permette di conoscere le infinite possibilità di espressione e di esperienza, sempre al confine tra ciò che sono e ciò che la relazione con l’altro, nelle sue incredibili possibilità, mi chiede di diventare, permettendomi a volte di diventare me stesso.

E’ uno scritto di osservazioni anche, a volte al microscopio o con i sonar, per catturare le mille e mille sfumature e combinazioni che descrivono la meraviglia inesauribile dell’essere umano, e del modo in cui si tras-forma nella relazione con l’altro, cercando con tutte le sue forze di diventare finalmente se stesso.

E’ anche uno scritto che vuole essere testimonianza dello spettacolo di cui sono fortunata, appassionata e felice spettatrice, nella contemplazione dell’impegno, la fatica, il dolore e la gioia che comporta il diventare davvero io, in una relazione dove ci sia finalmente questo permesso.

Perché ognuno di noi possa aprire i propri occhi e lasciare, con fede, sempre più spazio a tutto ciò che ancora non capisce o che fa paura, per la libertà di essere se stessi senza sacrificare qualcun altro, lavoro con le coppie.

 

La coppia è la grotta isolata, la stanza chiusa, la camera oscura dove possono essere compiuti i più efferati omicidi privi di testimonianza, ma anche la frontiera dell’ enorme crescita e consapevolezza cui siamo chiamati per vivere appieno,  e che si declina soltanto in una relazione tra adulti, lontana ormai dal bisogno primario di soppravvivenza, ma piuttosto basata sulla scelta e quindi sulla responsabilità.

La coppia è il luogo oltre la caverna platonica.

 

 

Conosci te stesso: chi sono io?

 

La questione centrale di intervento per la psicoterapia contemporanea, a partire dal secondo dopoguerra, è diventata sempre più quella di sostenere l’individuo nella sua individualità, intesa come diritto di essere se stessi.

E dal mio punto di vista, lo scopo principale della psicoterapia è proprio quello di permettere alle persone di incontrare loro stesse, scoprire chi sono davvero.

Quando le persone arrivano nel mio studio però, cercano invariabilmente sempre la stessa cosa, ovvero di capire come correggere il loro comportamento, pensando così di essere più felici e rendere più sereni coloro cui vogliono bene. Mi chiedono insomma di curarle, suggerire la soluzione giusta, uniformandole ad un concetto di salute mentale,  che io in qualità di psicologo dovrei senz’altro conoscere, troppo spesso senza neanche essersi mai chiesti se le loro reazioni, o frustrazioni, indubbie problematiche relazionali, non siano invece tentativi di adattamento, nell’incessante ricerca di essere se stessi, che si inasprisce soprattutto nella relazione con l’altro.

Lo chiedono a me perché non hanno risposta, dalla famiglia, dalle istituzioni, dalla cultura, né tanto meno da loro stessi, perché se c’è qualcosa che davvero non è semplice, è proprio conoscere se stessi, come ci invita e ci ammonisce l’antica iscrizione dell’oracolo di Delfi; ma se ciò che non è semplice, viene reso ancora più paradossalmente complesso da una categoria del giusto opposta allo sbagliato, diventa pressochè impossibile scoprire chi sono davvero, unico e irripetibile nella mia differenza e unicità, che solo una relazione può suggellare.

 

 

 

Tra oriente e Occidente

 

Maurizio vive in India, ma in Italia ha una figlia, avuta “per caso”, due anni fa.

La madre della bambina, Lucia, è stata la sua compagna per 10 anni, ma lui ha un’altra relazione nel paese dove vive.

L’azienda che segue in India è l’azienda di famiglia, che aspettava che lui ne risollevasse le sorti, non appena ne avesse avuto l’età e la licenza.

Maurizio è disorientato, sospeso tra due mondi, oscillando tra le richieste di Lucia, le esigenze della figlia e gli affari di famiglia; ma soprattutto tra ciò che desidera lui e ciò che gli altri gli chiedono, perdendosi nella ricerca del giusto e dello sbagliato.

 

 

La tana del bianconiglio

 

Alice è una ballerina di accademia che vuole diventare maestra di yoga, ha un compagno con cui si sente finalmente al sicuro, ma non è sicura che sia l’uomo per lei; vive a Roma, ma vorrebbe stare a Milano con la sua famiglia, è furiosa con i suoi genitori, che l’hanno costretta a fare ciò che volevano loro, in termini di studi e formazione, ma sente di aver bisogno di loro; si sente catturata tra il bisogno di dimostrare affetto a chi ama, incarnando il loro desiderio, e la vocazione ad essere se stessa, ribellandosi ad ogni richiesta .

Ha consultato diversi terapeuti di diversi orientamenti teorici e oggi chiede a me, di contattare loro, per dirle cosa deve fare.

 

 

C’era una volta

 

Ilenia ha un marito e una figlia ma ama il suo primo amore.

A lui scrive lettere d’amore e tra il detto e il non detto, i ricordi di una vita si dipanano come grani di un rosario.

Il laccio che li lega ha la tensione di un amore mai espresso che non può essere più negato, e la forza dell’ideale che non può essere raggiunto.

Ilenia comincia a desiderare la sua macchina del tempo, per tornare indietro a riparare gli errori, desiderando di raggiungere la sua felicità senza ferire nessuno.

 

 

Amici, colleghi, nemici o amanti?

 

Anna ama Paolo fin da quando, poco più che adolescente, lo sceglie tra tutti come il suo principe azzurro.

Convivono, lavorano insieme, si sposano, provano ad avere dei figli, si lasciano, lui la tradisce, lei lo aspetta, ancora.

Lui torna, torna sempre. Lei si chiede perché aspetta e aspetta, sempre.

Per anni sono amici, colleghi, poi si odiano, fanno l’amore, si lasciano e tornano insieme.

Anna è fedele, leale, ma è arrabbiata e non può più aspettare. Paolo le vuole bene, ma ha paura e cerca il modo per non averne più.

Moderni Penelope e Ulisse in viaggio l’uno verso l’altra per incontrare se stessi.

 

 

Talentuosi artisti che con la loro vita, cantano la musica dell’esistenza, le persone che mi chiedono di curarle sono gli argonauti del futuro, che nello spazio della coppia cercano sè stessi.

Dalle vicende del passato, si intreccia un presente che guarda al futuro tutto concentrato in un incontro; l’incontro con l’unico altro che mi fa diventare l’unico me, l’io che si lega al tu per diventare intero: l’eterno ritorno dell’amore.

 

 

Tutte le persone che incontro nel mio lavoro, cercano di orientare se stessi e le loro scelte sulla base di ciò che è giusto per qualcun altro, perdendosi negli infiniti meandri della la vita e la personalissima esperienza che essi ne fanno.

E proprio i più sensibili, ribelli ed idealisti tra loro, soffrono, sospesi nella terra di mezzo tra ciò che sentono, ma hanno dimenticato, e ciò che devono invece fare, per salvarsi.

 

 

 

Vai, Valentina…ma che differenza fa?

 

Valentina arriva di fretta ed ha paura, paura di scoprire di essere diversa, perché diversa vuol dire sbagliata;

Veloce veloce a perdifiato, mi racconta una storia di mancanza di direzione, dove il senso si è perso nella ricerca di un’appartenenza ad una categoria che non la descrive.

Valentina non si ferma, in una città in cui vivere, in una relazione da amare, in un lavoro da costruire; Valentina rallenta quando scopre che può essere libera, illuminata dalla luce che le indica il permesso di essere se stessa.

 

 

 

Ma come Teseo, che si incammina nel labirinto, tenendo stretto il filo rosso di Arianna,  è sempre e comunque una relazione di coppia, che collega un me ad un te, a farci trovare la strada, farci sapere chi siamo davvero.

Per quanto infatti le vite dei miei clienti siano complicate (quale vita non lo è?), la perdita di senso di sé si concentra e si acuisce soprattutto in una relazione di coppia, dove le emozioni si intensificano, gli investimenti emotivi si alzano e le responsabilità si moltiplicano; ma è proprio per questo che appunto qui, nella lotta a volte feroce tra me e te, nella magia dell’incontro con l’altro, che non posso fingere più, con in tasca un biglietto di invito a trovare me stesso.

L’altro infatti è spesso colui o colei che mi completa nelle mie parti mancanti, è ciò che io non riesco ad essere (per condizionamenti sociali, educazione o semplicemente paura) e che quindi incarna  l’unico altro (o perlomeno chi a me è più vicino), che mi permette di raggiungere un me altrimenti inaccessibile; in questo senso, l’altro è perciò l’unico stimolo in grado di risvegliare quella parte di me che mi è per qualche motivo negata, e senza la quale non posso sentirmi completo o intero.

La relazione di coppia che ci si trova a vivere, e nella quale possiamo sentirci imprigionati, ha sempre il senso di restituirmi a me stesso.

Una relazione di coppia è una esperienza di incontro, di risveglio, di redenzione.

 

 

 

Un amore di violenza

 

Gaia tradisce il nome che le hanno dato e vive tra l’amore per suo marito, quello per se stessa e per i loro figli.

Incredula spettatrice delle violenze psicologiche e fisiche che il compagno infligge loro, continua a credere che il suo amore lo salverà.

La donna triste in attesa di una gioia che non arriva mai, merita una felicità che soltanto lei può dare a se stessa.

 

 

E’ naturale che in questo cammino di incontro e scoperta di sé, in questo progetto inconsapevole di restituzione a noi stessi attraverso un rapporto di coppia, una relazione possa giungere alla sua conclusione, possa dirsi compiuta arrivando alla inevitabile separazione.

Ma ogni storia che comincia, tanto come una storia che finisce, ha un senso e racchiude in sé stessa un significato: trovare me attraverso di te.

E quando questo avviene in un percorso di consapevolezza reciproca che offre il sostegno di un permesso, il permesso di essere se stessi, si compie il miracolo di un incontro d’amore, magari proprio nell’attimo stesso in cui ci allontaniamo.

 Un pesce ed un uccello possono amarsi, ma dove andranno a vivere?

 

Giulia oggi è vestita di rosso.

Poco prima di partire, inscatolate tutte le sue cose e riposti i rigorosi abiti neri nelle valigie pronte per una nuova destinazione, mi incontra per l’ultima volta.

I due figli andranno con lei, cresceranno nella campagna nebbiosa del veneto, dove l’aria in inverno si mescola al fumo dei caminetti e il nonno insegnerà loro a guidare il trattore e ad aspettare la primavera.

Luca invece vivrà nella luce della sua Roma, la città eterna dove tutto sembra ancora possibile e che se ci sei nato, non c’è altro posto al mondo che puoi chiamare “casa”.

Anche Giulia torna a casa, e ha negli occhi i prati verdi dell’infanzia.

Luca la lascia andare e nel silenzio che lascia l’ultima porta dopo che si è chiusa alle spalle, riecheggiano forti le parole “ti amo”.

 Io di-verso verso-di te

Fin da quando i bambini nascono, o addirittura prima nel rapporto di coppia, è necessario creare uno spazio per insegnare ai propri figli a seguire la loro natura, dare loro la struttura di sostegno per incontrare e sostenere la loro ispirazione, basata sulla logica delle differenze.

Per questo l'educazione più importante che i genitori devono trasmette ai loro figli è quella che promuove il diritto di essere se stessi, ma questa è anche una educazione che inizia ben prima nella relazione esistente tra di loro come coppia.

Insegnare alle coppie a rimanere individui nella relazione, significa perciò costruire una culla per l’individualità dei loro figli.

In questi termini, far funzionare davvero una relazione, soprattutto di coppia, è stimolare il reciproco rispetto della diversità, la vera natura degli individui che stanno tra loro in relazione, imparando a sospendere il giudizio e superando la paura dell’incomprensione.

Il dolore più grande per una creatura è sentire repressa la propria libertà di esprimere se stessa, soprattutto nelle relazioni di fiducia; e purtroppo l’ambiente, la cultura, la società, o un dolore ereditato, hanno sempre meno chiaro e offrono sempre meno risposte su un disagio derivante dall’essere inscritti in una categoria, perdendo la propria anima.

Per questo motivo il mio lavoro e la mia attenzione va più di tutto alla relazione di coppia, perché lì, in quello spazio, con la persona che ho scelto e che mi ha scelto, posso scommettere di nuovo e in un certo senso per la prima volta, sulla possibilità di essere me stesso, far vibrare la mia anima e scoprirne i contorni più profondi, la mia vera natura che può dispiegarsi solo nell’incontro autentico con l’altro.

Solo in una relazione d’amore infatti, e la relazione di coppia è un paradigma che esemplifica al meglio questa possibilità, si ha l’occasione di completare l’inconcluso, lenire le ferite, conoscere davvero se stessi e superare le interruzioni della propria identità.

 Molte volte però è purtroppo l’incomprensione ad avere il ruolo principale, e ciò che sento è una musica triste dove la comunicazione emotiva, ovvero tutto ciò che ho bisogno di dirti e di farti capire per essere connesso con te, si perde nell’etere, confusa tra un emittente e un ricevente non più sintonizzati.

 

‘O sole mio…

 Marta e Federico sono stanchi.

Seduti uno di fronte all’altra sulle poltrone del mio studio, si guardano appena e non si vedono.

Arroccati sulle loro posizioni, imbronciati come bambini cui non è stata mantenuta una promessa di un regalo tanto atteso, chiedono a me di scoprire chi tra loro due ha più ragione.

Ma la ragione è una stanza fredda e spesso buia, dove il vincitore si ritrova da solo e in castigo, troppo lontano dalla camera della comprensione.

Li guardo e li vedo, li guardo e mi vedo.

Ricordo, e in un attimo sento, tutte le volte che ho avuto paura di essere sbagliata e ho combattuto per difendermi da questa sensazione, perdendo, sempre o me o l’altro.

Vorrei prestare loro i miei occhi adesso, la tenerezza che sento, perché entrambi potessero vedere ciò che ora io vedo: quel sole, il sole mio, che sta in fronte a te.

 La distanza tra due persone che si amano, e che può trasformarsi in isolamento, senso di solitudine, o nel peggiore dei casi in conflitto, deriva sempre da una difficoltà a comprendere le differenze (o meglio dall’accettare la differenza tra ciò che è e ciò che vorrei che fosse!). Ovvero, soprattutto nella comunicazione di coppia, il diverso significato che ognuno di noi dà alla stessa cosa.

Marta non sa che le critiche che spesso le fa Federico non hanno niente a che fare con il suo modo di essere, così come Federico non ha davvero idea che la distanza di Marta non è un reale bisogno di distacco, ma anzi il suo contrario.

Il problema nelle coppie, è che questa incomprensione delle differenze genera un circolo vizioso da cui è sempre più difficile uscire, dove la comunicazione dei reali bisogni si confonde con il significato univoco, e spesso personale di un atteggiamento.

La meraviglia del lavoro sulle differenze, è quella di permettere alle persone di considerare il significato diverso che ognuno di noi dà alla stessa cosa, imparando a vedere oltre le etichette e le imprecise interpretazioni che tendiamo ad attribuire all’altro e che, guarda caso, finisce per incarnare, suo malgrado, le nostre paure più profonde e ci incitano quindi alla lotta per il mantenimento della nostra identità e senso di sicurezza.

Quando la terapia sviluppa una maggiore comprensione dell’altro inteso come diverso da noi, accade un miracolo, che è quello di riconoscere davvero l’altro e spesso trovare proprio la persona che volevo, nascosta dietro quella che pensavo o avevo paura che fosse.

Sono orientata a pensare che la maggior parte delle volte, l’istinto che mi guida nella scelta del mio compagno o compagna sia buono, e proprio per questo motivo trovo inaccettabile che tanti rapporti d’amore si esauriscano nel dedalo dell’incomprensione e dell’inconsapevolezza che ignora un unico principio essenziale: che siamo diversi.

Differenti per la nostra storia personale, cultura di appartenenza o familiare, nel modo in cui selezioniamo gli stimoli, organizziamo la nostra realtà, attribuiamo significati: diversi nel modo in cui viviamo l’esperienza.

E anche quando una relazione è finita, o deve interrompersi per il bene di entrambi, ciò dovrebbe avvenire dopo aver fatto questo esperimento di confronto sulle differenze; credo infatti che ci sia una profonda distanza tra il lasciarsi con la consapevolezza di non poter stare davvero più insieme, e il perdersi senza aver verificato una reale incompatibilità.

E la sostanziale differenza tra queste due possibilità è il senso di fallimento o piuttosto di amore che può esserci in un addio.

 

Con l’augurio che la vostra esperienza vi conduca sempre più vicini a voi stessi.

 

 

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